Questo articolo è un riassunto del secondo capitolo dell’ottimo libro “Moltiplicarsi” di Johan Lukasse in Belgio (pagine 28-45, Edizioni “Ricchezze di Grazia”). È un libro da non perdere. Compralo e leggilo!

1. Cercare le persone preparate

  • Cerchiamo le persone che Dio ha già preparato per ricevere il Suo messaggio. Ad esempio, potremmo incontrare delle persone che amano discutere, ma che non sono realmente interessate alle cose spirituali. Non dovremmo perdere tempo con loro fin che non viene fondata la chiesa. Quindi, la prima cosa da fare sarà quella di addestrare un nucleo di gente capace.
  • Non soltanto dovremmo cercare quelle persone già preparate da Dio, ma anche coloro che, in un certo senso, possiamo considerare “promotori di opinione”.

2. Capire che la conversione non è un lusso

Battesimo

  • “Ravvedetevi e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo” (Atti 2:38). Questo è il punto da cui dobbiamo partire. La nuova nascita è un atto miracoloso di Dio. A tal proposito, Lukasse cita George Patterson il quale scrive, “In Honduras, abbiamo scoperto che se battezziamo dei credenti immediatamente…possiamo seguirli meglio e insegnare loro l’obbedienza sin dall’inizio…. Fate dei discepoli obbedienti, allora vedrete moltiplicare le chiese”.
  • Poi Patterson spiega cosa intende per “discepoli obbedienti”. “In Honduras chiediamo a ciascun membro di una nuova chiesa di memorizzare la seguente lista dei comandamenti di Gesù Cristo:
    1 Ravvediti e Credi (Mc. 1:15)
    2 Sii battezzato (Atti 2:38)
    3 Ama (Gv. 13:34)
    4 Celebra la cena del Signore (Lc. 22:17-20)
    5 Prega (Gv. 16:34)
    6 Dona (Mt. 6:19-21)
    7 Testimonia (Mt. 28:18-20)”
  • Patterson continua scrivendo, “Insegnate ad ogni neo-credente ad obbedire a tutti questi comandamenti sin dall’inizio; non aspettate oltre. Le prime settimane e i primi mesi di vita spirituale di una persona sono quelli più impressionabili e che determineranno in gran parte il suo futuro carattere di cristiano” (dall’articolo di Patterson in Perspectives on the World Christian Movement).

3. Creare cellule di crescita

  • Il prossimo principio è quello di riunire tutte le persone che sono interessate, costituendo così una cellula. Alcuni lo chiamano gruppo familiare, altri gruppo di incontro. Uno degli affiliati alla nostra associazione “BEM” [Belgian Evangelical Mission o Missione evangelica belga]…invita le persone ad andare ad uno studio per principianti. Questo va abbastanza bene alla maggior parte delle persone. Per citare Dee Breston, “il più grande timore di un principiante è di essere l’unica persona novizia della Bibbia” [Finders Keepers, p.167].
  • Nella cellula i credenti e i simpatizzanti imparano a mettersi in relazione sia con la Bibbia sia l’uno con l’altro. Dobbiamo…formare la chiesa insieme; siamo chiamati ad essere “il popolo di Dio”. Possiamo mostrare al mondo che siamo discepoli di Gesù Cristo amandoci gli uni gli altri con l’amore che Lui ha avuto per noi, e questo lo possiamo fare soltanto se stiamo assieme.
  • In una cellula l’atmosfera è più rilassata, le persone si sentono più sicure e quindi, si aprono più facilmente. Le persone che non sono ancora giunte a conoscere Cristo notano lo zelo e l’entusiasmo dei nuovi convertiti.
  • Insistete con forza sull’importanza della Parola di Dio e sulla vita cristiana pratica; in un piccolo gruppo è possibile condividere le esperienze vissute con Dio durante la settimana appena trascorsa. In una cellula possiamo sostenerci, incoraggiarci l’un l’altro e, se necessario, correggerci. Gesù Cristo usava questo metodo per ammaestrare i Suoi discepoli. In quest’ambito, dovremo, allora, condividere la nostra stessa vita, e non soltanto il nostro insegnamento; dovremo permettere alle persone di scrutare la nostra vita per vedere se viviamo ciò che predichiamo.
  • Un elemento importante che non viene menzionato nel libro di cui sopra (poiché il libro di Lukasse è stato pubblicato prima che essa fosse portata a termine), è costituito dalla ricerca di Christian A. Schwarz. Egli svolse un’indagine conoscitiva fra più di mille chiese ed i risultati della sua ricerca dimostrano che le chiese che crescono numericamente hanno piccoli gruppi equilibrati di tipo simili a quelli auspicati sopra! Clicca qui per vedere i risultati di questa ricerca.

4. Fare discepoli

  • Non possiamo considerare l’evangelizzazione ed il fare discepoli come due cose separate. Lukasse cita Dee Brestin il quale spiega: “Dobbiamo smettere di vedere la conversione e il discepolato come due fasi diverse; finché vedremo prima una e poi l’altra, il discepolato assumerà sempre un’importanza secondaria, e, le cose secondarie sono spesso lasciate incompiute”. Brestin continua, “finché non vedremo il discepolato come parte integrante dell’evangelizzazione, colore che crediamo di avere ormai conquistati all’Evangelo non potranno più essere conquistati, e coloro che sono veramente conquistati, non potranno mai essere forti abbastanza per conquistare altre anime”. (Finders Keepers, p. 167-168).
  • Dobbiamo convincerci che Gesù non ci ha mandati per “fare dei cristiani” ma dei “discepoli”.
  • Il fondatore di una chiesa dovrebbe essere un imitatore di Gesù mentre cerca di conquistare le anime per il Regno di Dio; non trasmette soltanto la Buona Notizia, ma egli stesso è la Buona Notizia. A Tessalonica (Atti 17), scopriamo che la visita di Paolo non solo portò delle persone a credere in Gesù, ma causò un tale cambiamento nel loro stile di vita che di loro si diceva servissero un altro re chiamato Gesù. Paolo scrisse ai Tessalonicesi,
    “E voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore” (1 Tess. 1:6). Quindi, queste persone, non soltanto accettarono la Buona Notizia, cioè l’Evangelo, ma andarono oltre ed agirono come Paolo, perché egli agiva come Gesù aveva agito. Nel fare così, essi divennero imitatori di Paolo e del Signore.

5. Essere discepoli

Discepoli
Dobbiamo fare e essere discepoli!
  • Dobbiamo instaurare un processo continuo di insegnamento e di consegna di responsabilità. I credenti del posto cresceranno ed arriveranno così alla maturità spirituale, per assumere così la responsabilità della loro chiesa; questo è un passo molto importante.
  • La formazione è molto diversa dall’insegnamento. Dobbiamo assegnare ai nuovi credenti dei piccoli compiti sin dall’inizio. Quando è possibile, verrà chiesto loro di contribuire all’avanzamento del Vangelo e all’edificazione della chiesa. Non dovremmo tardare nel dare loro dei compiti spirituali.
  • Uno dei metodi s’è rivelato efficace consiste nell’incoraggiare i neo-credenti a condividere la testimonianza della loro ritrovata relazione con Dio, non appena possibile. Spesso Lukasse chiede ai neo-credenti: “Avete qualcuno, molto vicino a voi, a cui vorreste far sapere ciò che sapete adesso?” Poi chiede loro, “Perché non andare a raccontarglielo?” Quando saltano fuori le scuse, Lukasse suggerisce di andare con loro. Durante l’appuntamento Lukasse afferma, “Dunque, tuo fratello ha una notizia molto importante per te, ma è un po’ timido per dirtela”. Può darsi che, all’inizio, il neo-credente balbetti un po’ ma, quando il neo-credente inizia a parlare di ciò che ha trovato in Cristo, niente può più fermarlo. Lukasse dice di tenere la bocca chiusa e pregare. Un neo-credente non conosce molto la dottrina cristiana, ma questo non è ciò che il suo interlocutore ha bisogno di sapere; egli ha bisogno di Gesù Cristo. I neo-credenti acquistano rapidamente fiducia in se stessi e fanno la loro parte nell’incoraggiare gli altri. Dopo un po’ di tempo, possiamo affidare altre persone alla loro cura e alla loro guida. Questo è il metodo del “fratello più anziano”.
  • Il nostro scopo finale dovrebbe essere quello che, in futuro, essi subentrino a noi e portino avanti loro stessi l’opera. Dobbiamo insegnare alle persone come rapportarsi con la Parola e come confidare nella potenza e nella presenza dello Spirito di Dio nella loro vita. Anche noi, come fondatori di chiese, dovremmo imparare ad avere fiducia nell’opera di Dio in queste persone. Dobbiamo essere loro di esempio, affinché vedano che abbiamo fede in Dio e nel fatto che Gesù è all’opera in loro.

6. Essere chiesa

Testimone

  • Verrà il tempo in cui dovremo nominare dei responsabili locali e passare loro il testimone. Più presto si fa, meglio è. È un atto che richiede, da parte del fondatore della chiesa, una certa rinuncia a se stesso. Ma non è proprio questo che lui predica, che dobbiamo rinunciare a noi stessi, prendere la nostra croce e seguire Cristo?La conduzione da parte di credenti locali eliminerà una certa connotazione ‘straniera’, risultata all’inizio dal fatto che era stato un missionario a fondare quella chiesa. Più il messaggio immutabile dell’Evangelo affonda le sue radici nella cultura locale e nelle usanze del luogo, meglio è.Una volta incaricati i responsabili, giunge, per colui che ha fondato la chiesa, il momento di andarsene. I nuovi responsabili non potranno mai sviluppare appieno il loro potenziale finché egli sarà ancora sul posto.
  • Lukasse cita Robert Coleman che afferma, “Uno deve decidere in che cosa vuole chi il suo ministerio abbia validità; se nell’applauso momentaneo di un riconoscimento popolare, oppure nella riproduzione della sua vita in pochi uomini scelti, che porteranno avanti il suo lavoro dopo la sua partenza”. (The Master Plan of Evangelism, p. 37).
  • Il fondatore di chiese, come tutti gli altri, deve pagare un prezzo. Coleman conclude così a pagina 126 del suo libro: “La nostra soddisfazione è nel sapere che, nelle generazioni a venire, la nostra testimonianza per Cristo, porterà ancora del frutto attraverso di loro, in un circolo di riproduzione che si allargherà sempre di più fino all’estremità’ della terra e fino alla fine dei tempi”.