Quest’articolo è stato scritto da Rick Warren per il suo sito www.pastors.com (in inglese) e usato con permesso.
Studiando da quasi trent’anni la crescita della chiesa, ho notato che esistono dieci ostacoli abituali nel crescere una chiesa sana e vibrante.
1. Il non portare amici in chiesa.
Nonostante le nostre preghiere, le nostre richieste, le pressioni, il motivare la gente, l’enfasi sull’argomento, i membri della nostra comunità continuano a non portare gli amici in chiesa. Perché accade questo? La verità è che spesso sono imbarazzati. Essi sanno istintivamente che il culto non è disegnato per i non credenti, per coloro che sono alla ricerca, per i colleghi di lavoro. Pensano così: “Il culto va incontro ai miei bisogni, ma non a quelli dei miei conoscenti, e per questo non chiedo loro di venire”.
L’antidoto a questo è di offrire almeno un culto nel fine settimana disegnato avendo in mente gli amici che non hanno mai frequentato una chiesa.
2. La paura che la crescita incrini la comunione fraterna.
Anche se i vostri membri potrebbero non ammetterlo, sotto sotto alcuni di essi lotteranno contro la crescita per il timore che, quando la congregazione diverrà più grande, essi non potranno più conoscere ciascuno dei membri. Essi dicono: “Mi piace così come è; conosco tutti quanti. Se divenissimo più grandi, sarei preoccupato di diventare solamente un numero.”
L’antidoto a questa paura è la costruzione di gruppi affini o di piccoli gruppi all’interno della vostra congregazione. Alla chiesa di Saddleback noi diciamo che la nostra chiesa deve crescere in grande ed in piccolo allo stesso tempo.
3. L’aggrapparsi fortemente alla tradizione.
Le tradizioni nascono dai successi. Qualcosa diviene una tradizione quando funziona subito; e poiché funziona, continuiamo a ripeterla.
E’ a questo punto che la tradizione, sfortunatamente, inizia a guidarci. Ci sono due pericoli nel tradizionalismo. Il primo è che possiamo far divenire “sacri” dei “metodi”; il secondo è che possiamo dimenticare le motivazioni di quello che stiamo facendo.
L’antidoto è di diventare condotti da propositi. I vostri propositi non cambieranno mai, essi sono eterni, ma la vostra metodologia dovrà essere in costante cambiamento.
Io suggerisco che voi rivediate periodicamente (almeno una volta all’anno) tutti i vostri programmi, assegnando loro una di queste tre categorie:
I. Riaffermare: “Sì, funziona ancora”.
II. Raffinare: “Dobbiamo ritoccare per farlo
funzionare meglio”.
III. Rimpiazzare: “Non possiamo usare gli strumenti di
ieri nel ministerio di oggi per confrontare le sfide di domani”.
4. Il cercare di piacere a tutti.
Non potete piacere a tutti; semplicemente, non funziona. Se una stazione radio nella vostra zona mettesse in onda Bach, seguito dai Beatles, seguiti da una Polka, pensate che accontenterebbe tutti oppure non accontenterebbe nessuno? Le stazioni radio si specializzano perché comprendono che la gente è attratta da stili differenti.
Ora, non sto dicendo di presentare un differente Evangelo; dico solamente che dovete definire il vostro obiettivo (l’antidoto a questa barriera), e quindi fare qualsiasi cosa per colpire il vostro bersaglio.
5. L’essere orientati ai programmi piuttosto che orientati ai processi.
Avere un sacco di programmi può essere attraente ma, a meno che non abbiate un piano specifico per aiutare la crescita dei vostri membri, si può finire col dover soltanto frequentare un sacco di corsi. Credo che questo sia in parte il motivo perché abbiamo persone nelle nostre chiese che sono membri da anni ma che dimostrano frutti limitati nelle loro vite.
L’antidoto è di usare un processo di sviluppo delle loro vite, simile a quello che usiamo a Saddleback. Noi usiamo un diamante del baseball per illustrare il processo dei nostri membri nella crescita spirituale, incoraggiandoli a muoversi verso le tappe successive che portano ad una maggiore maturità. Non dovete per forza usare il modello della chiesa di Saddleback, ma esso si è dimostrato di successo negli ultimi vent’anni.
6. L’enfatizzare gli incontri piuttosto che il ministerio.
A mio avviso si commette uno errore misurando la salute della chiesa tramite la partecipazione numerica. Se l’unico vostro tema di discussione è quante persone frequentano, francamente la vostra è una chiesa focalizzata agli incontri. La partecipazione è certamente una delle molte misure da usare, ma non dovrebbe MAI essere la sola, poiché focalizzarsi sulla partecipazione tende a produrre degli spettatori passivi che hanno poco tempo per il ministerio.
7. Il predicare senza applicazioni.
Predicare senza applicazioni significa meramente informare piuttosto che trasformare.
L’antidoto è quello che chiamo la predicazione “comportamentale”; questa è una predicazione che si focalizza sull’obbedienza. La Bibbia ci dice di essere facitori della Parola, e non solo ascoltatori. In ogni messaggio settimanale, in ogni studio biblico, in ogni riunione di scuola domenicale la cosa principale è di muovere le persone a operare ministeri, ovvero “cosa faremo” come risultato di quello che abbiamo udito.
8. La sfiducia nei leader.
Se la gente non ha fiducia della vostra leadership, allora non potrete fare un gran che. Dovete costruire credibilità, e dovete guadagnare il diritto di condurre.
L’antidoto a questa barriera è l’autentica leadership. Ciò significa una leadership che sia umile, vulnerabile, persistente, capace di rischiare il fallimento, e capace di credere che Dio può grandi cose.
9. Il legalismo.
Il legalismo strangola la crescita e la salute di moltissime chiese. Molte di esse sono più interessate a conservare le regole piuttosto che a vincere la gente a Cristo. Ciò ucciderà inevitabilmente ogni crescita ottenuta.
L’antidoto a questa barriera è un clima di accettazione, che vada incontro alla gente. Andandogli incontro, potrete anche condurli dove dovrebbero andare.
10. L’essere strutturati per controllare piuttosto che per crescere.
Molte chiese al giorno d’oggi sono sovraprogrammate e sovrastrutturate e la loro struttura le sta strangolando a morte.
L’antidoto qui è di mantenere la struttura semplice, flessibile e pronta a confrontarsi con tutte le sfide che il futuro possa portare.