Giovani

La voglia di vivere

Questo articolo di Antonio Rozzini cortesia di “Visione Macedonia”.

Gente che voleva morire…

Incominciai a sostenere che la vita fosse uno schifo intorno ai 16 anni. Tre erano i motivi principali. Il primo era l’insuccesso con le ragazze, particolarmente una. Ero innamorato pazzo di lei. Si chiamava Elisabetta e per lei mi sono quasi esaurito. Non mangiavo più, non studiavo, era diventata una droga. Ma lei niente. Non era minimamente interessata a me, o mi volevo solo come amico. Non immaginavo che si potesse soffrire così per amore. Forse era stato un po’ viziato da piccolo ed ero abituato ad avere quello che volevo. Ma il non potere avere Elisabetta, il vederla con altri, era una tortura.

La seconda ragione era la scuola. Quanto odiavo la scuola a 16 anni! Avevo così tante cose da fare e da leggere e dovevo martirizzarmi con matematica e fisica e cose che non potevano interessarmi di meno. Ma la vera angoscia erano i voti bassi. Una sfilza di quattro in fisica e mate. Le scenate a casa, l’umiliazione in classe, ‘sta Elisabetta che prendeva sempre otto in ogni materia. Tutto mi sembrava uno stress enorme.

Eppure speravo. La scuola sarebbe finita, sarei uscito di casa, insomma qualcosa nella vita sarebbe successo! Invece non succedeva mai niente se non banalità. Storie d’amore banali, serate con gli amici a spinellare con musica banale, il sabato al cinema a vedere film banali. Vivevo nella noia.

Devo arrivare alla terza ragione. Ero comunista. Credevo profondamente nel comunismo; che avremmo creato una società giusta dove i ricchi non sfrutterebbero i poveri, dove non ci sarebbe più miseria e ci sarebbe giustizia per tutti. I miei genitori erano operai e vedevo quanto lavoravano e i sacrifici che facevano. Andavo alle manifestazioni per lottare per loro e per gli altri sfruttati. Organizzavo scioperi a scuola per loro. (Mio padre avrebbe preferito che studiassi di più!). Nonostante tutto questo amore per la classe operaia non c’è stato una volta che avessi lavato i piatti o dato una mano a mia madre per pulire la casa. Troppo banale.

Arrivo al dunque; i rapporti tra compagni. Con alcuni eravamo amici; ma altri li odiavamo. C’era invidia, ambizione e tradimento tra di noi. Tutte cose che non erano compatibili con la nuova società di giustizia ed uguaglianza. Ma che società potevamo creare noi che avevamo gli stessi difetti dei borghesi, dei ricchi e dei fascisti? Mi resi conto che il fallimento del comunismo non era un fallimento dell’idea, ma dei comunisti. Per fare una società giusta, ci vogliono uomini giusti. E gli uomini non sono giusti. (Anni dopo scoprii che lo scrittore russo Dostoevesky aveva previsto tutto nel suo capolavoro i Demoni). E sì, sapevo che anche io non ero giusto; che ero pigro, arrogante, ambizioso e traditore. Facevo schifo a me stesso.

Che speranza restava per l’uomo? Non c’era altro che caos, buio e paura? La vita era veramente in mano al cieco caso? Non c’era altro da fare che morire. Bevevo come una spugna, fumavo tutto e sempre conscio che mi stavo rovinando. Ma non m’importava nulla. La vita era uno schifo e non volevo più vivere. Mi piaceva leggere e vedere film che trattavano la vanità della vita (Bergman, Shakespeare, Sartre…). C’è anche un re molto saggio dell’antichità che aveva sperimentato gli stessi sentimenti e li descrive benissimo. A differenza di me, aveva esperimentato tutti i piaceri immaginabili allora (e anche adesso!) ed aveva tratto terribili conclusioni.

Io ho detto in cuor mio:
«Andiamo! Ti voglio mettere alla prova con la gioia, e
tu godrai il piacere!»…
Io presi in cuor mio la decisione di abbandonare la mia carne alle attrattive del vino…
Io intrapresi grandi lavori; mi costruii case;
mi piantai vigne; mi feci giardini, parchi, e vi piantai alberi fruttiferi di ogni specie;
mi costruii stagni per irrigare con essi il bosco dove crescevano gli alberi;
comprai servi e serve, ed ebbi dei servi nati in casa; ebbi pure greggi e armenti, in gran numero…
accumulai argento, oro, e le ricchezze dei re e delle province;
mi procurai dei cantanti e delle cantanti e ciò che fa la delizia dei figli degli uomini,
cioè
donne in gran numero…
Di tutto quello che i miei occhi desideravano io nulla rifiutai loro;
non privai il cuore di nessuna gioia…
Poi considerai tutte le opere che le mie mani avevano fatto, e la fatica che avevo sostenuto per farle,
ed ecco che tutto era vanità, un correre dietro al vento, e che non se ne trae alcun profitto sotto il sole…
Perciò ho odiato la vita,
perché tutto quello che si fa sotto il sole mi è divenuto odioso,
poiché tutto è vanità, un correre dietro al vento.
Ho anche odiato ogni fatica che ho sostenuta sotto il sole…

Così sono arrivato a far perdere al mio cuore ogni speranza su tutta la fatica che ho sostenuta sotto il sole…
Anche questo è vanità, è un male grande.
Allora, che profitto trae l’uomo da tutto il suo lavoro,
dalle preoccupazioni del suo cuore,
da tutto ciò che gli è costato.
[1]

 

Già, che senso aveva tutto, per poi morire e soffrire? La morte, la sofferenza, le delusioni, le disgrazie… ma a che serve vivere? Che razza di senso ha la vita?

Fu in mezzo a questa crisi che sentii parlare di Dio. All’inizio mi faceva ridere. C’era gente che credeva ancora in Dio! Tuttavia ascoltavo. Affermavano che Gesù era andato sulla croce per morire per me e darmi una seconda possibilità di vita; una nuova nascita, l’opportunità di cominciare di nuovo. Mi dissero che Gesù non era venuto per riformare la società, ma per cambiare l’uomo. Ed io avevo bisogno di essere cambiato.

Che fare? Dov’era questo Dio? Era lì accanto a me che aspettava solamente che io Gli dicessi che lo volevo, che confessassi il mio bisogno di Lui. E Dio mi ha cambiato dandomi quella gioia e quella pace che mai avevo trovato. Mi ha dato una nuova vita; una vita avventurosa, di fede.

Oggi so che il mondo non è orfano, che non è in mano al caos. Il male mi disturba e mi strugge; ma so che ci sarà giustizia. La mia vita è guidata da Lui, il Buon Pastore. Ora non desidero più la morte. Oggi posso dire con piena convinzione che la vita è meravigliosa, perché c’è Gesù.

Se tu sei stanco di vivere, deluso dal caos della tua vita, Gesù, il Figlio di Dio, è pronto a darti una mano e tirarti fuori dal pantano nel quale sei immerso. ChiamaLo. Egli ti risponderà.

Per ulteriori informazioni e domande scrivi a…

Antonio


[1] Parola tratte dal libro dell’Ecclesiaste capitolo 2, versetti 1-23.