Leadership nella chiesa

Come scegliere il tuo successore? (Prima parte)

Quest’articolo è stato scritto da Andrea Thomas per la sua mailing list chiamata “Sapere per Fare“. Usato con permesso.

Oggi, in Italia, nelle comunità evangeliche, ci sono diversi sistemi di successione; alcuni sono, secondo me, “sani” ed altri “meno sani”. Vogliamo vederli un attimo.

  • Il primo sistema di successione è che la successione non c’è; il pastore rimane in carica finché vive, poi quando muore il Signore penserà al ricambio, ma di solito quello che succede è che vi è una piccola lotta di potere che lascia morti e feriti e non finisce bene.
  • Il secondo sistema di successione è quello del nepotismo: il pastore si fida solo di un familiare, quindi del figlio, della figlia (caso raro) o del genero, e lo nomina al momento opportuno per passare a lui la responsabilità della comunità, a volte continuando a dirigerla da dietro le quinte. Anche questo è un sistema con diversi difetti, primo tra tutti proprio quello del favoritismo che nega spazi a chi non è della famiglia dirigente, che tende a schiacciare tutti i non-membri del clan, e poi non si incoraggia la varietà ministeriale.
  • Il terzo sistema è quello dell’elezione democratica: si vota per una figura pastorale dopo averla ascoltata predicare, oppure perché lo si conosce personalmente, in base a dei criteri più o meno biblici (“predica bene”, “visita spesso”, “è una brava persona”). Qui il problema è che, nel Nuovo Testamento, i conduttori di chiesa non erano eletti dalla congregazione, ma dai responsabili supervisori o fondatori delle comunità, per evitare favoritismi. Ci si potrebbe trovare a fare politica in chiesa: “vota per me fratè, che poi ti trovo uno spazio”.
  • Il quarto sistema è quello della denominazione che invia un proprio pastore incaricato; si può avere una certa pressione interna dai consiglieri o anziani, ma il pastore viene deciso “da fuori” e di solito viene “da fuori”. Questo comporta un certo sacrificio nella famiglia pastorale che si sposta, e anche a volte una certa difficoltà di adattamento a culture locali diverse dalle proprie, con piccoli conflitti e/o amicizie viscerali col “nuovo pastore”; però, se la coppia pastorale è dedicata al Signore e vuole servire la chiesa, è un buon sistema. Di solito c’è la necessità di un formazione in una scuola biblica, ritenuta indispensabile.
  • Il quinto sistema, secondo me più biblico, è che il prossimo responsabile di una comunità venga su tra i discepoli dell’attuale responsabile nella comunità stessa, oppure venga addirittura indicato profeticamente o apostolicamente, per rivelazione dello Spirito Santo, il che tende a chiudere la bocca agli eventuali oppositori (che ci sono sempre). Il sistema che usava l’apostolo Paolo era su questi binari, ma duplice: lui arrivava in un posto, fondava una comunità e vi restava un po’ di tempo (quanto gli era concesso) per poi lasciare il gruppo in mano a un suo fidato collaboratore che avrebbe in seguito designato degli anziani (e un responsabile) per dirigere la chiesa, che comunque veniva visitata di tanto in tanto da Paolo stesso e dagli altri collaboratori, con un senso di supervisione del lavoro che il responsabile e gli anziani locali svolgevano sul posto; una sorta di controllo della qualità del lavoro spirituale svolto, per evitare eresie, distorsioni o chiusure (3 Gv. 9).

Quindi, quando ci si trova nella necessità (perché sta passando il tempo, abbiamo troppo da fare o vi sono nuovi gruppi da curare) di designare un prossimo responsabile al posto nostro, qual è la procedura giusta?

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