Quest’articolo è stato scritto da Andrea Thomas per la sua mailing list chiamata “Sapere per Fare”. Usato con permesso.

Tra le varie attività che ci girano intorno, sono stato invitato a partecipare a un Convegno cristiano che aveva come tema: “Voi siete il profumo di Cristo” (2 Cor. 2:15).

È stato un bel convegno; il tema è stato affrontato in diverse maniere: si è parlato di come noi cristiani possiamo rappresentare Cristo, cioè essere il suo profumo, tra la gente e nella società.

Si è detto dell’altare dei profumi, arredo del tabernacolo di Mosè e del tempio di Salomone, dove veniva offerto profumo a Dio ogni sera e ogni mattina (la preghiera personale), ed ancora di come la nostra vita offerta a Dio sia un’offerta “di odor soave”, come fu l’offerta della vita di Cristo al Padre.

Poi come l’olio del profumiere avesse una ricetta ben precisa, che non andava modificata, come è scritto in Levitico 30:35-37, e che non era mai senza sale (che è un simbolo del cristiano: si veda Matt. 5:13), quindi noi, santificati nel servizio e “profumati”.

Ma il versetto che più mi ha colpito è in Ecclesiaste 10:1: “Le mosche morte fanno puzzare e imputridire l’olio del profumiere.”

È un versetto che fa pensare: il contesto è quello del comportamento stolto che rovina una buona reputazione, ma anche che noi siamo il profumo di Dio, quindi noi siamo quel profumo che si va spargendo nell’aria dalla boccetta denominata: “Profumo di Cristo”, che in verità siamo tutti noi figli di Dio quando andiamo in giro.

Ma se, in quel profumo, ci sono delle mosche morte, dei difetti che ormai si sono annidati e che noi non facciamo alcun tentativo di togliere, quel “profumo di Cristo” comincerà a puzzare, poi a imputridire.

Non so se vi è mai capitato di pulire una bottiglia d’olio dimenticata su uno scaffale, dove era rimasto magari un piccolo residuo di olio, una volta buono e pregiato, ma ormai andato a male: ebbene, l’odore non è dei migliori.

Vogliamo poi mettere la possibilità che quella bottiglia d’olio sia stata lasciata aperta (analogia: c’è la possibilità di “aprirsi” al peccato e ai nostri difetti) e vi siano entrate delle mosche, che non sono più potute uscire, e invischiate nell’unto, sono morte e ora puzzano (notate: prima il puzzo, poi, col tempo, l’imputridimento).

Le mosche, nella Bibbia, non sono un simbolo buono; basti pensare che il nome “Belzebù” (Baal-zebub) significa in lingua cananea “Signore delle mosche”, idolo che si meritava il nome per le mosche che si avvicinavano ai sacrifici di sangue fatti nel suo nome e lasciati in bella mostra.

Quindi, lungi da noi la voglia di “lasciare aperta la boccetta del profumo” per permettere alle mosche di entrarci e morirci dentro; meglio aprirla quando serve per far sentire un buon odore “di Cristo” (non nostro), e controllare ogni tanto che non vi siano corpi estranei morti nella mia boccetta, e se ci sono fare pulizia per ritornare al buon profumo.