Il credente e la Parola

Come interpretare e applicare Ecclesiaste

“Ecclesiaste: una saggezza cinica”

Quest’articolo estratto dal libro “Come aprire le porte a una lettura informata della Bibbia” di G. Fee e D. Stuart. Appare qui per gentile concessione di Edizioni Patmos.

Il messaggio di cinismo

Ecclesiaste (o Qoèlet) è un monologo sapienziale che spesso lascia perplessi i cristiani che leggono il libro con attenzione. Chi non lo legge con cura potrà concludere semplicisticamente che vi sono contenute idee troppo profonde da estrarre per un uso e consumo immediato. In genere queste persone lasciano da parte Ecclesiaste per interessarsi ad altre parti della Bibbia che, a loro giudizio, potranno più probabilmente produrre benefici spirituali immediati.

Tuttavia anche chi studia il libro con maggiore serietà potrà rimanerne sconcertato; dopo tutto, Ecclesiaste non sembra contenere molto di positivo ed incoraggiante per una vita fedele a Dio.

Piuttosto, buona parte del libro sembra suggerire nelle parole del “Predicatore” che la vita è, in definitiva, senza significato; bisogna allora scegliere di godersi la vita in ogni modo possibile, dato che la morte cancellerà comunque tutto.

Questo messaggio di cinismo e di assenza ultima di un qualche significato è diffusamente distribuito nei versi di Ecclesiaste, come nei passi che seguono:

“Vanità delle vanità”, dice l’Ecclesiaste [Qoèlet (CEI), il Predicatore (ND)] “Vanità delle vanità, tutto è vanità”. (1:2)

Io ho visto tutto ciò che si fa sotto il sole: ed ecco tutto è vanità, è un correre dietro al vento (1:14).

Gli uomini e le bestie hanno lo stesso destino: tutti devono morire … l’uomo non è superiore agli animali. Tutto è come un soffio (3:19 TILC).

Vanità?“Vanità delle vanità, tutto è vanità” ma solo se Dio non svolgesse un ruolo diretto intervenendo nella vita e solo se non ci fosse alcuna vita dopo la morte!

Ecclesiaste contiene certamente anche dei passi che non sono strettamente cinici o pessimistici riguardo al valore della vita. Ma il suo messaggio costante (fino agli ultimissimi versetti) è che la realtà e il carattere definitivo della morte indicano come la vita non abbia alcun significato finale. Dopo tutto, se in fin dei conti tutti dobbiamo morire, scomparire ed essere dimenticati come tutto il resto, che differenza fa se abbiamo vissuto una vita generosa, produttiva e santa, oppure una vita egoistica, corrotta e miserabile? La morte, come una grande livella, fa sì che tutte le esistenze finiscano allo stesso modo! Questa è quasi esattamente la filosofia propugnata dall’esistenzialismo moderno; il consiglio del Predicatore è di carattere esistenziale: goditi la vita finché puoi quando sei ancora vivo (8:15; 11:8-10, et al.), perché questo è tutto quello che Dio ti ha preparato; non c’è altro. Cerca di vivere ora il meglio che puoi. Dopo questo, non vi è più alcun significato.

Il Predicatore dà anche dei consigli per la vita pratica, ad esempio l’importanza di pesare bene le parole (5:2-3), oppure di evitare l’attaccamento dannoso alle ricchezze (5:11-15), e di coltivare l’attenzione al rapporto con Dio da giovani quando ancora se ne può ricavare qualche vantaggio (12:1-8). Eppure, questi consigli non hanno alcun valore eterno. Vengono dati soprattutto per rendere l’inutilità della propria vita un po’ più piacevole e comoda, mentre si è ancora giovani. Ecclesiaste sembra negare l’esistenza di una vita ultraterrena (2:16; 9:5, et. al.) e criticare alcuni aspetti chiave della fede veterotestamentaria (per es. 7:16; 5:1), ed in genere sembra incoraggiare atteggiamenti molto diversi da quelli dati dal resto della Scrittura.

Il vero messaggio: la saggezza fatalistica delude ma Dio ed i Suoi comandamenti no!

Si potrà allora chiedere perché Ecclesiaste si trovi nella Bibbia e che cosa c’entri. La risposta è che esso si trova nella Scrittura come elemento di contrasto rispetto a quanto insegna il resto della Bibbia.

Nel presentare questo contrasto, indirizza al lettore questo ammonimento, giusto ed ortodosso:

“Temi Dio e osserva i suoi comandamenti,
perché questo è il tutto per l’uomo.
Dio infatti farà venire in giudizio ogni opera,
tutto ciò che è occulto, sia bene, sia male” (12:15-16).

Il contenuto complessivo del libro, ad eccezione di questi due versetti finali, rappresenta un argomento brillante e magistrale sul modo in cui si dovrebbe concepire la vita – ovviamente se Dio non svolgesse un ruolo diretto intervenendo nella vita e se non ci fosse alcuna vita dopo la morte.

Se volessimo un’indicazione per vivere la vita in un mondo deista (cioè un mondo in cui c’è un Dio che però non ha nessun contatto con le persone) senza una vita ultraterrena, ce la fornirebbe Ecclesiaste. Il vero obbiettivo del libro…è quello di mostrare che una tale concezione della vita non offre nulla di attraente.

La visione presentata dovrebbe lasciarci insoddisfatti, perché non è affatto veritiera.

Si tratta della saggezza fatalistica e secolare, il prodotto di un ateismo pratico (non teorico). Ogni qualvolta si relega Dio in una posizione remota e ben distaccata da noi, del tutto senza rilevanza per la nostra vita quotidiana, si ottiene come risultato Ecclesiaste.

Il libro serve perciò da apologetica paradossale della saggezza cinica; esso spinge i lettori a guardare ‘oltre’, perché le risposte date dal “Maestro” di Ecclesiaste sono del tutto deludenti.

Il consiglio di 12:15 (osserva i comandamenti di Dio) ci allontana da Ecclesiaste per indicarci il resto della Scrittura, specialmente il Pentateuco (si veda il capitolo 9), dove si trovano questi comandamenti.


NB: MissionePerTe consiglia la visione di questo filmato del Pastore Pietro Ciavarella di www.solascrittura.it.