Una riflessione su ciò che ci aspetta dopo la morte
Quest’articolo estratto dall’opuscolo “La commemorazione dei defunti” di Franco Liotti. Per scaricare l’opuscolo, clicca qui.
Un evento solenne
Ogni anno il calendario ci ripropone delle ricorrenze che vengono celebrate (per motivi differenti) con gioia o con tristezza. C’è né una in particolare (forse la sola) che viene ricordata generalmente con solennità e con tanta tristezza, quella del 2 Novembre, la Commemorazione dei defunti, ed è facile capire perché viene ricordata con tanta mestizia.
Questa particolare “commemorazione” – come tutte le altre – ha un suo preciso “rituale” che – in questo caso – è incentrato particolarmente nell’andare al cimitero per “visitare” una persona cara, deporre dei fiori sulla tomba ed eventualmente nell’assistere a un rito religioso sperando che “il caro estinto” ne tragga “qualche beneficio”. Ma da quello che la Bibbia afferma, dopo la morte si può solo “raccogliere” il frutto della propria “seminagione”, quindi nessuno dopo la morte può cambiare, modificare o migliorare il proprio stato dinanzi a Dio, neanche con delle accorate suppliche (vedi Lu. 16:19-31) né tanto meno noi vivi possiamo trarre benefici dai morti in quanto Dio non vuole (Isaia 8:19).
Il nostro disagio: Che viene dopo la morte?
Per sdrammatizzare questo sofferto evento della vita umana, c’è chi ha ironizzato, come George Bernard Shaw (noto drammaturgo irlandese) che disse: “Certo che le statistiche sulla morte sono realmente impressionanti: una persona su una muore“.
Il divertentissimo libro da Marcello D’Orta: Io speriamo che me la cavo raccoglie una sessantina di temi scritti da ragazzi delle scuole elementari di Arzano (NA). In uno di questi temi un bambino racconta “Una visita al Camposanto” dicendo: “Prima di partire…ridevo sempre, a casa giocavo. Ma era il giorno dei morti, e mio padre mi aveva detto che io dovevo essere triste, perché era il giorno dei morti, e allora io l’ho fatto contento e sono diventato triste…”.
Il tema di un altro ragazzo citato nel suddetto libro [parla della fine del mondo e conclude] “Il mondo scoppierà, le stelle scoppieranno, il cielo scoppierà, Arzano si farà in mille pezzi. Il sindaco di Arzano e l’assessore andranno in mezzo alle capre…. I buoni rideranno e i cattivi piangeranno, quelli del purgatorio un po ridono e un po piangono. I bambini del Limbo diventeranno farfalle. Io speriamo che me la cavo“…
Il secondo ragazzino lascia emergere un atteggiamento classico: quello cioè di giudicare e condannare le persone antipatiche o di malaffare (come il sindaco di Arzano e l’assessore) e essere pronto a “salvare” le persone care o almeno simpatiche.
Nello stesso tempo, l’astuta e prudente conclusione espressa nel tema del secondo ragazzino: (“io speriamo che me la cavo”), fa emergere anche un certo disagio comune a tutti quelli che “avvertono” in se stessi che dopo la morte c’è qualcosa, ma sono tormentati perché non sanno (o non vogliono sapere) cos’è quel “qualcosa” e non sanno come affrontare quel “qualcosa”, e allora vivono in una sorta di speranzoso e logorante tormento evidenziato molto bene dalle parole di questo arguto ragazzino: “io… speriamo che me la cavo”… finché non giunge il proprio personale 2 Novembre!
Peggio della morte fisica: La morte spirituale
Quello che è ancora più grave è che l’uomo è morto soprattutto spiritualmente, e questa è la morte peggiore per l’essere umano, perché le sue ripercussioni su ogni singolo individuo sono eterne, senza tempo.
Questo tipo di morte ha la sua origine nella caduta dell’uomo nel peccato. Infatti da quando Adamo ed Eva disubbidirono a Dio, furono scacciati dalla presenza di Dio, perciò vennero separati da Lui: “Il Signore Iddio mandò via l’uomo dal giardino d’Eden… Così egli [Dio] scacciò l’uomo… dal giardino d’Eden” (Ge. 3: 23, 24). Ma l’uomo non può vivere lontano da Dio, e questo concetto lo espresse molto bene Agostino d’Ippona quando scrisse: “Nel cuore dell’uomo c’è un vuoto, e questo vuoto ha la ‘forma’ di Dio… Tu [Dio] ci hai creati per Te, e il cuor nostro è inquieto finché non trova il suo riposo in Te” (Le Confessioni).
Da quando Dio ha dovuto scacciare l’uomo dall’Eden, gli esseri umani sono: “morti [spiritualmente] nelle loro colpe e nei loro peccati” (Ef. 2:1). Da allora gli uomini “sono privi [privati] della gloria di Dio” (Ro. 3:23).
Quale sarà il mio futuro se non conosco Gesù?
A questo punto però è d’obbligo porsi qualche domanda: qual è il futuro dei defunti? Come sarà il mio personale “2 Novembre?”. La Bibbia risponde in maniera inequivocabile a queste domande, e il nostro futuro “2 Novembre” dipende dalla nostra scelta personale:
Se non conosco Gesù, la Bibbia dice, “È terribile cadere nelle mani del Dio vivente” (Eb. 10:31). “Chi non crede [in Gesù] è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio” (Gv. 3:18). “Chi rifiuta di credere al Figlio [di Dio] non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui” (Gv. 3:36). “Se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco [inferno]” (Ap. 20:15), e nell’inferno “Saranno tormentati [insieme al Diavolo] giorno e notte, nei secoli dei secoli” (Ap. 20:10).
Quale sarà il mio futuro se conosco Gesù?
Se credo in Gesù, il mio futuro è meraviglioso perché la morte spirituale (ossia l’eterna separazione da Dio) per loro non esiste più, perché da Cristo Gesù hanno ricevuto la vita eterna, sono passati dalla morte alla vita. Infatti Gesù disse: “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna [paradiso] e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Gv. 5:24). “Chi crede in lui [Gesù] non è giudicato” (Gv. 3:18). “Chi crede nel Figlio [Gesù] ha vita eterna” (Gv. 3:36), è stato salvato sia per il tempo presente che per l’eternità!!!
Di fronte alle lacrime di Marta (che piangeva la morte di suo fratello Lazzaro), Gesù dichiarò: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai” (Gv. 11:25, 26).
Sin dal momento della morte fisica il credente va col Signore, infatti Gesù al criminale pentito che stava morendo su una croce a fianco a Lui, gli disse: “In verità io ti dico che oggi tu sarai con me in paradiso” (Lu. 23:43). Gesù non gli disse che non avrebbe più sofferto, infatti quel criminale convertito a Cristo morì fra atroci spasmi, ma “le sofferenze del tempo presente non sono assolutamente paragonabili alla gloria che sarà manifestata a nostro riguardo” (Ro. 8:18).
Il criminale che era crocifisso a fianco di Gesù, gli Apostoli, i martiri cristiani e milioni di milioni di cristiani di ogni epoca, hanno affrontato indicibili sofferenze e anche la morte senza timore, perché sapevano dove andavano e cosa li attendeva. E tu? Sai qual è il tuo futuro dopo il tuo personale “2 Novembre”? O vuoi comportarti come quel tizio che, leggendo queste parole su una lapide in un cimitero: “Fermati, o straniero che passi. Come tu sei, io sono stato. Come sono ora, presto lo sarai anche tu. Preparati a seguirmi”, così replicò: “Di seguirti non ho l’intenzione finché non so la tua destinazione”!
Ora, allo scritto su di una lapide, si può rispondere in maniera più o meno arguta e andarsene con un’alzata di spalle pensando di avere così risolto il proprio spinoso problema. In un tema si può scrivere “io… speriamo che me la cavo” e intanto attendere il proprio personale “2 Novembre” vivendo in una sorta di speranzoso, illusorio e logorante tormento. Oppure si può attendere il proprio “2 Novembre” ponendo la propria fede in Gesù che disse: “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Gv. 5:24).
Una cosa comunque è certa: il Signore Iddio nella Sua parola ci parla con estrema chiarezza ci ammonisce in questi termini: “Non vi ingannate; non ci si può beffare di Dio; poiché quello che l’uomo avrà seminato, quello pure mieterà. Quindi chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne; ma chi semina per lo Spirito mieterà dallo Spirito vita eterna” (Ga. 6:7, 8).
– Franco Liotti
Per scaricare quest’articolo come opuscolo per la distribuzione, clicca qui.