Quest’articolo è tratto dal libro “Le 4 croci del Golgota”, scritto da Eduardo Mondola, fondatore della chiesa “Cristo Vive” di Latina Scalo. Appare qui per gentile concessione di Edizioni Patmos e dell’autore.

«È compiuto» (Giovanni 19:30).

Al Golgota tutto ha inizio e tutto si compie. Nella vita di un credente è fondamentale tornare al Golgota [e alla croce di Cristo] e da lì ripartire…. Il Golgota mantiene vivo il ricordo di chi eravamo senza Cristo, di chi siamo in Cristo, del vero scopo della nostra vita, di come dobbiamo vivere….

Pistola

Una sera presi la mia pistola, la armai e la misi in bocca col dito sul grilletto. Chiedevo a Dio di parlami. Lo imploravo.

Quando ricevetti Cristo come mio personale Salvatore ero affamato di conoscenza [della Parola e] avevo un grande desiderio di servire Dio. Mi mettevo a disposizione degli anziani della chiesa per qualsiasi servizio. Dio mi dava la grazia di essere utile e ciò che facevo era benedetto dal Signore….

Ero un giovane credente di successo, prospero. Un conquistatore. Mi affidavano le predicazioni evangelistiche perché ‘funzionavo’. Le anime venivano salvate. Conducevo studi biblici perché le persone li capivano. Le persone che si erano allontanate dalla chiesa ritornavano…. Cominciai a diventare cieco e insensibile, perché se avessi avuto buona vista e sensibilità mi sarei di certo accorto che accanto a chi mi diceva “Sei un grande strumento nelle mani di Dio”, c’era il diavolo che mi strizzava l’occhio e mi dava una pacca sulla spalla!

Cominciai a non tornare più al Golgota…. Mi smarrii nell’orgoglio, nella superficialità e nell’autosufficienza. Vittoria dopo vittoria dimenticai che ero vittorioso solo grazie a Cristo Gesù. Dimenticai l’amore per le persone. Dimenticai la gioia di servire gli altri e la chiesa. Dimenticai che se ero quel che ero e conseguivo certi risultati era solo perché lo Spirito Santo si serviva di me. Dimenticai che “in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene” (Romani 7:18).

Giorno dopo giorno, il Golgota diventava sempre più lontano ed io cominciai a pensare di non averne più bisogno. Quello che cominciò come un lento cammino, proseguì in una rovinosa caduta che mi portò sempre più in basso, fino a toccare il fondo. Persi tutto: chiesa, fratelli, amici, famiglia. Non solo. Causai molto dolore a tutti quelli che amavo, che mi amavano e che credevano in me. Passai così dalle vette dell’orgoglio alla desolante profondità della depressione alimentata da laceranti sensi di colpa.

Non riuscivo a perdonarmi…. Mi importava solo di morire. Pensavo che senza di me il mondo, e soprattutto la chiesa, sarebbe stato un posto migliore. Lontano dal Golgota si va in una confusione che ci porta ad essere ridicoli. Volevo morire, ma cercavo la morte per mano di terzi per evitare di andare all’inferno. Che sciocco! Al lavoro, mi offrivo volontario per le operazioni più pericolose per vedere se era possibile trovare la fine di tutto. Ma non accadeva.

Fu allora, in un mese di luglio rovente, che una sera presi la mia pistola, la armai e la misi in bocca col dito sul grilletto. Ero ormai deciso. Avevo perso tutto e non mi restava che farla finita. Ricordo ancora il sapore del metallo misto al sale delle mie lacrime che scendevano non per la paura della morte, quanto piuttosto per il vuoto che avevo dentro…. Chiedevo a Dio di parlami. Lo imploravo.

Poi accadde qualcosa. Non mi apparve il Signore. Non scese un angelo dal cielo. Ma c’era un pensiero che si piantò lì nella mia mente come un chiodo e che non mi lasciava andare. “PERDÒNATI”. Era una via di mezzo tra un consiglio e un ordine. Perdònati. Perdona te stesso. Fu come un’illuminazione. Era questo il mio problema. La montagna che era franata sul mio sentiero era l’incapacità di perdono verso me stesso per aver commesso certe cose. Per essere caduto. Per aver fallito. Non mi bastava aver chiesto perdono a tutti quelli che avevo ferito. Non mi serviva aver ricevuto il perdono di alcuni. Ero io che non riuscivo a perdonare me stesso.

Pasqua

A te che sei sotto il peso della condanna degli altri o di te stesso: torna a casa. Torna al Golgota.

Mondola

Mi ricordai del Golgota. Chiesi a Dio di riportarmi lì dove tutto era cominciato…. Trascinando le macerie della mia vita, dopo due anni, ritrovai il mio sentiero. Ripercorsi il tragitto. Il Golgota era lì. La croce della condanna. La croce dell’opportunità. La croce dell’amore. La croce del servizio. Erano tutte lì. Ognuna di esse rispondeva a mie specifiche domande. A miei specifici bisogni. Ogni volta che chiedevo a Dio: “Signore, cosa devo fare?”, mi sembrava di udire la voce del Signore rispondere: “Al Golgota tutto comincia. Al Golgota tutto è compiuto”…. Dio mi mostrò quanto vere siano queste parole:

“Non spezzerò la canna rotta e non spegnerò il lucignolo fumante” (Isaia 42:3).

Io Lo adorai. Lo adoro tutt’ora. Lo adoro sempre. Ero rotto, e Lui mi ha rimesso in piedi. Mi stavo spegnendo, e lì, al Golgota, Egli ha riacceso in me la fiamma….

Non so dove tu sia e di quale specifica risposta tu abbia bisogno. Non lo so.

A te che sei sotto il peso della condanna degli altri o di te stesso, che hai bisogno di riscoprire l’amore, che senti la necessità di avere un’altra opportunità e di ritrovare la gioia del servizio: torna a casa. Torna al Golgota.

A te che, invece, prosegui spedito il tuo cammino e sei vittorioso nella Nuova Vita in Cristo Gesù, ciò che so e che voglio dirti è che puoi andare ovunque e fare qualunque cosa, ma la mente lasciala al Golgota.

Lascia la tua mente ai piedi della croce. Torna a casa. Torna al Golgota.

– Eduardo

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