Il credente ed i rapporti

Il potere e il pericolo della parola

Quest’articolo di Robert D. Foster è stato estratto e adattato da “Take two on Sunday Morning” (Dose doppia al mattino della Domenica). Appare qui per gentile concessione dell’Apice e della sua mailing list “Manna del Lunedì”.

Josiah Wedgwood, produttore della famosa porcellana inglese Wedgwood, stava mostrando la sua fabbrica a un nobile gentiluomo. Uno degli impiegati, un adolescente, li stava accompagnando. Il blasonato signore era sacrilego e volgare nella sua conversazione con Mr. Wedgwood. All’inizio il giovane rimase visibilmente colpito dal suo linguaggio, ma più tardi il suo comportamento cambiò: era affascinato dagli scherzi grossolani dell’altolocato visitatore e ne rideva.

Osservando tutto ciò, Wedgwood rimase indignato e profondamente angosciato. Verso la fine della visita mostrò al visitatore un vaso con un disegno unico. L’aristocratico rimase affascinato dalla sua squisita forma e rara bellezza. Nel tentativo di prenderlo per esaminarlo meglio, Mr. Wedgwood lasciò cadere intenzionalmente l’oggetto per terra. Il prezioso oggetto si ruppe in mille pezzi, senza possibilità di essere riparato. Insultandolo di rabbia, l’aristocratico gridò: “Volevo questo vaso per la mia collezione. L’hai rovinato con la tua mancanza di attenzione!”.

“Signore”, Mr. Wedgwood rispose, “altre cose sono state rovinate oggi, molto più preziose di questo vaso. Nessuno potrà mai restituire al giovane che in questo momento ci ha lasciati la riverenza per le cose sacre che i suoi genitori gli hanno insegnato durante questi anni. Lei ha distrutto il loro sforzo in meno di mezz’ora”.

Come reagiamo al “linguaggio volgare”, quando le persone attorno a noi usano termini bassi o dispregiativi per parlare di altri? Potremmo reagire giudicando o recriminando, ma è raro che questo produca qualsiasi influenza su chi usa questa maniera di parlare. Se dovessimo reagire, faremmo bene ad usare lo stesso linguaggio di Mr. Wedgwood, con gentilezza, umiltà e onestà.

La nostra risposta a un discorso sacrilego e non accettabile non deve essere un’opportunità per giustificare noi stessi. Non sono capace di dire quante volte ho scoperto lo stesso tipo di linguaggio dentro di me. Posso avere avuto successo nel sopprimerlo, ma comunque il pensiero era nella mia testa. La Bibbia ci ricorda: “Perciò, chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere” (1 Corinzi 10:12). Per questo motivo, ho tentato di fare in modo che questa semplice preghiera preceda le mie parole: “Siano gradite le parole della mia bocca e la meditazione del mio cuore in tua presenza, o Signore, mia rocca e mio redentore!” (Salmi 19:14).

Chiudi la bocca

Certamente ci sono occasioni, sia sul lavoro sia nella vita personale, in cui saremo tentati dalle circostanze a proferire parole che possono offendere e ferire altre persone. Sarebbe saggio ascoltare l’ammonimento dell’Apostolo Paolo in Efesini 4:29: “Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi l’ascolta”.

Un mio amico, Mart de Haan, ha suggerito la seguente preghiera:

Padre, perdonami se pronuncio il Tuo nome invano, anche se soltanto nel silenzio del mio cuore. Aiutami a riconoscere questa nervosa fiducia in me stesso che m’induce ad esprimere alti pensieri in basse e volgari maniere. Aiutaci ad imparare dalla nostra ignoranza, a vedere la nostra necessità del tuo Spirito, di modo che possiamo dire: “Oh, mio Dio, che tutto ciò che faccio o dico, non sia per la mia propria soddisfazione e per motivi egoisti, ma per piacere a te. Amen.”