Quest’articolo estratto dal libricino “Perché credere alla Bibbia?” di John Blanchard. Appare qui per gentile concessione di Edizioni Passaggio.
Un amico inviò uno dei miei libri a suo fratello, un ateo militante, nella speranza che questo potesse spingerlo a cambiare posizione. La risposta che ne ebbe iniziava così: “Tutto ciò che Blanchard scrive è un mucchio di immondizia, inezie, sciocchezze e assolute trottole”. Non posso certo affermare di essere infallibile, ma penso che questo fosse un po’ troppo! Cosa si può dire a chi attacca la Bibbia in questo modo?
Solitamente inizio col dire: “Se è piena di errori, torna fra un’ora e mostramene almeno dodici”. Finora, nessuno ha vinto la sfida. Ciò è sorprendente, perché una delle caratteristiche principali della Bibbia è la conferma che le sue affermazioni si trovano nelle prove esterne. Sebbene non sia un libro di storia, la Bibbia contiene una gran quantità di dati storici e ogni qualvolta è stato possibile verificarli in base alle prove contemporanee, la sua precisione è stata confermata. Non c’è spazio qui per sviluppare questo punto, ma quattro celebri esperti ci aiuteranno a comprendere i risultati.
Robert Dick Wilson, un tempo professore di filologia semitica (la lingua e la letteratura del medioriente) al Princeton Theological Seminary d’America, stabilì un impressionante programma di studio di quarantacinque anni, concentrandosi particolarmente sul materiale dell’Antico Testamento. Dopo una ricerca esaustiva condotta nel racconto biblico di circa quaranta re vissuti in un periodo di circa 1.600 anni, giunse alla conclusione che, mentre c’erano degli errori negli altri resoconti, i dati della Bibbia erano perfetti e che “matematicamente, c’era una probabilità su 750.000.000.000.000.000.000.000 che questa accuratezza fosse una semplice coincidenza”. Considerando il peso di ciò, aggiunse: “Non potremmo immaginare una prova più forte di questo resoconto sui re a favore dell’accuratezza dell’Antico Testamento”.
William E Albright, riconosciuto come il più grande esperto del mondo in studi orientali, direttore della American School of Oriental Research alla John Hopkins University, autore di 800 libri ed articoli, è colui il cui verdetto confermò l’autenticità dei rotoli del Mar Morto. Egli scrisse nel 1958: “Grazie alla ricerca moderna riconosciamo ora la sua [della Bibbia] sostanziale storicità. Le narrazioni sui patriarchi, su Mosè e l’esodo, sulla conquista di Canaan, sui giudici, la monarchia, l’esilio e la restaurazione, sono tutti stati confermati ed illustrati in una misura che avrei ritenuto impossibile quarantenni fa”.
Sir William Ramsay è stato universalmente riconosciuto come uno dei più grandi archeologi al mondo. Membro fondatore dell’Accademia Britannica, all’inizio era d’accordo con l’idea di tendenza in base alla quale il Nuovo Testamento era in gran parte una mitologia, piuttosto che un resoconto storico accurato e contemporaneo. Per esempio, era convinto che il libro degli Atti, scritto dallo stesso autore del vangelo di Luca, un medico del primo secolo, fosse semplicemente una collezione di materiale folkloristico redatta da un anonimo narratore secoli dopo gli eventi che sosteneva di riportare.
Eppure dopo una faticosa ricerca in loco Ramsay si convinse che i dati di Luca erano così accurati da fargli meritare il titolo di “storico di prima categoria”, degno di essere “collocato fra i più grandi storici”.
Nelson Glueck, il famoso archeologo della Bibbia, scavò 1.000 siti in medioriente, comprese le miniere di rame del re Salomone e l’antico porto del Mar Rosso di Ezion Geber. Dopo anni di meticolosa ricerca, scrisse della “quasi incredibile accurata memoria storica della Bibbia, soprattutto quando è sostenuta dai fatti archeologici”, e proseguì dicendo: “Possiamo affermare categoricamente che nessuna scoperta archeologica ha mai provato che un riferimento biblico è falso”.
Queste sono testimonianze universali che, sebbene non dimostrino che tutte le dichiarazioni storiche della Bibbia siano vere, nella pratica annullano quelle affermazioni sbrigative che pretenderebbero di stabilire che la Bibbia è “piena di errori”.